In attesa della riforma della quale si parla tra i parlamentari, per il momento ancora in alto mare anche a causa del particolare momento politico, la Corte di Cassazione sta continuando a demolire il criterio del ”tenore di vita”, che fino a qualche tempo fa ancora condizionava i giudizi nella determinazione dell’assegno di divorzio a favore dell'ex-coniuge economicamente più debole. La sentenza n. 11178 del 23 aprile scorso è così intervenuta a precisare che anche i giudizi già definiti debbano venire adeguati ai nuovi criteri che, come ricordiamo, a seguito della svolta sancita dalle Sezioni Unite (n. 18287 del 2018), ha privato di rilevanza il livello di agiatezza economica in cui viveva la famiglia non separata, per poi dettare una più precisa definizione della funzione assistenziale e compensativa dell’istituto della solidarietà postmatrimoniale.
La decisione per tanti versi poteva ritenersi già implicita, visto il principio generale del rebus sic stantibus che dovrebbe presiedere tutti i contenziosi in materia di famiglia, ma la precisazione è giunta comunque opportuna, dal momento che il divorzio è pur sempre un punto fermo che cristallizza la situazione tra i coniugi. Questi ultimi, infatti, nel momento in cui cessano di essere tali, definiscono i loro rapporti pregressi in un modo che potrebbe anche considerarsi definitivo. Il legislatore ha sempre consentito di fare cessare il diritto all'assegno divorzile nell'eventualità di radicali cambiamenti di fatto (come le nuove nozze o, secondo la giurisprudenza ormai consolidata, le nuove convivenze more uxorio), che fanno venire completamente meno la ragion d’essere del contributo economico dell'ex-coniuge. Tuttavia, la possibilità di riparametrare l’importo periodico dell'assegno sulla base dei nuovi princìpi giurisprudenziali intervenuti non era del tutto scontata, anche perché potrebbero venire in considerazione anche altre conseguenze del cambiamento, come la richiesta degli arretrati pagati che secondo il nuovo criterio non sarebbero mai stati dovuti, argomento al quale sarebbe facilmente contrapponibile l’eccezione dei “diritti quesiti”, che non è certo nuova in materia di assegni previdenziali o assistenziali.
Comunque sia, ora può dirsi pienamente riconosciuta all’ex-coniuge onerato dell’assegno non soltanto la possibilità di chiedere la cessazione dell’obbligo, per estinzione dei presupposti assistenziali su cui si fonda, ma anche la ricalibrazione del quantum, essendo venuto meno il criterio del tenore di vita. Il nuovo importo andrà concesso non solo dopo la verifica della persistenza delle esigenze assistenziali, ma anche dell'effettivo contributo dato dal coniuge avente diritto alla costituzione del patrimonio familiare, tenuto conto di varie circostanze tra le quali la durata del matrimonio.
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